la storia di Firmo

C’era una volta
una vecchia storia

Che raccontava
tutto  a memoria

Passò vicino un bambino
e la vide

Arrossì tutta e,
piccina, sorrise

“Un tempo abbastanza lontano c’era un uomo che abitava nel bosco vicino a casa mia, appena fuori dalla città costruita dai Galli all’imbocco della Pianura padana.
La guerra era finita da poco e la gente viveva in modo semplice, possedeva poche cose e si accontentava di quello che aveva”.
“Nonno, adesso la guerra non c’è più?”    
“In Italia la guerra non c’è più da tanto tempo ma se guardi la televisione…”
“Ma io guardo i cartoni con le cassette. Guardo Zorro che combatte con le spade, sono come quelle che usava il mio babbo quando era uno spadaccino”
“Una volta le guerre si facevano anche con le spade, le sciabole, poi con i fucili e con i cannoni, oggi anche con i missili. Con le spade adesso si fa soltanto dello sport, e a me sembra che sia meglio così. La guerra di cui ti stavo parlando era stata tremenda, erano morti in tanti”
“Anche gente che tu conoscevi?”
“Una mia cuginetta è morta due anni prima che io nascessi e così non l’ho mai vista”
“E’ come se io non potessi più vedere Daniele per giocarci assieme. Lui vuole essere sempre Battistuta, io però sono Tottigol”
“Io abitavo in una casa di contadini. Dietro la casa c’era un vigneto con gli alberi da frutta e un po’ più in alto cominciava il bosco”
“Un bosco come quello di Biancaneve o come quello che sta intorno al castello della Bestia?”
“Un bosco vero, con delle querce e degli alberi di castagno grandi. C’erano tutto intorno anche cespugli, piante basse e fiori a primavera”
“E chi ci viveva nel bosco?”
“Ci viveva solo Firmo. Il bosco era grande, si faticava tutte le volte che si saliva il sentiero ma dentro il bosco c’era solo la casa di Firmo. Una casa di cemento in mezzo a una radura del bosco, proprio come nelle favole che ti hanno letto papà e mamma”
“Firmo, Firmo, sembra il nome di uno cattivo”. Matteo scende dal divano ricoperto di tela blu dove sta seduto quando ascolta le favole o guarda le sue cassette.
Per un momento non mi ascolta più, ascolta il fratellino che strilla dall’altra stanza. Lo richiamo con una frase che spero faccia effetto.
“Firmo era proprio cattivo, brutto e cattivo” Ai bambini fa sempre più effetto qualcosa di forte, sono abituati a vedere e ad ascoltare di tutto, tutte le nostre magagne, tutti i guai che combiniamo in giro per il mondo.
“Cosa ti ha fatto? Ti ha fatto male?”
“Firmo, a vederlo, sembrava proprio cattivo, Aveva la barba lunga, vestiva male, un po’ puzzava, era anche un po’ strabico. Parlava poco”
“Ma tu ci hai parlato?”
“Lui scendeva quattro o cinque volte all’anno a casa nostra dalla sua casa nel bosco per portarci del fieno che tagliava nella radura e allora lo vedevo. Erano i giorni di quando ero piccolo come te e alla sera mi piaceva addormentarmi con la sedia vicina  a quella di mia madre con la mia testa appoggiata a lei ascoltando i grandi che parlavano delle cose dei grandi”.
“Anche a me piace stare sveglio quando andiamo a casa degli amici della mamma  e del papà, mi addormento solo quando poi vado nella macchina”
“Firmo era stato una persona normale, aveva due figli, forse uno dei due era una figlia. Per un po’ aveva avuto una vita normale, una moglie e una famiglia. Poi, non ricordo perché, aveva deciso di vivere da solo nel bosco e aveva costruito quella casa”.
“Firmo allora era proprio come un barbone, mio papà uno me lo ha fatto vedere quando siamo passati per andare in centro. Aveva tutte buste di plastica e stava vicino a una panchina,si muoveva piano e si guardava in giro come se avesse paura che gli rubassero le sue buste”
“Era come un barbone ma lui forse neppure lo sapeva,aveva una vara casa, tutte le volte che ci passavo vicino ero lì a pensare a come avessero fatto a portare su la calce  e i mattoni fino nel bosco. Non c’erano strade, solo sentieri. Forse a
quei tempi si sarà fatto aiutare da qualcuno che aveva un mulo, o forse un cavallo”
“Ma tu l’hai visto mai Firmo nel bosco o lo vedevi solo quando veniva  a casa tua?”
“Solo quando ero molto piccolo e andavo per funghi con mia mamma o con mio papà mi è capitato di vederlo intorno casa. Noi la chiamavamo “el casin di Firmo”, con un’espressione dialettale che si usava  a casa mia, metà veneto e metà lombardo”
“Ma, nonno, cosa ci faceva a casa tua di sera? E poi lui perché vi portava il fieno? cosa ci faceva tuo papà col fieno?”
“Noni avevamo una mucca nella stalla e il fieno che portava Firmo era veramente eccezionale, secco al punto giusto, profumato per i tanti fiori che conteneva. Veniva falciato davanti alla sua casetta del bosco dove c’era un bello spiazzo libero dagli alberi e senza arbusti. Lo tagliava, lo lasciava due giorni al sole e poi lo legava con uno spago, se lo metteva sulle spalle e lo portava giù per un sentiero ripido fino alla parte dietro della nostra casa, dove c’era il fienile vicino alla stalla”
“E nella stalla quante mucche c’erano? Io ho visto una stalla quando sono andato in gita con la scuola alla fattoria. Abbiamo fatto il vino con i piedi e abbiamo dato da  mangiare alle mucche”
Dall’altra stanza dove sta giocando arriva anche Alessandro che ha sentito le ultime parole del fratello.
“Anch’io ho visto le mucche e ho fatto il vino. Le gambe mi erano diventate tutte rosse. Buono il vino dolce, ce l’hanno fatto bere le maestre e anche il contadino ci ha aiutato a fare il vino”
“Nella nostra stalla la mucca era una sola, tutta nera con le pezzature bianche e si chiamava Roma. Adesso noi tutti viviamo a Roma, ma la prima Roma che ho conosciuto non è stata la città ma la mucca. La tenevamo per il latte ma ogni tanto faceva un vitellino”
“E ci giocavi con il vitellino? Com’era?”
“I vitellini erano belli, succhiavano il latte dalla loro mamma, ma quando finivano di bere il latte  e dovevano cominciare a mangiare l’erba o il fieno venivano venduti e non li vedevo più”
“Nonno, non mi stai raccontando più niente di Firmo. Cosa faceva? Era davvero cattivo o era buono?”
“Non credo che fosse cattivo, certo era diventato un pò selvatico  a forza di vivere da solo nel bosco. Non parlava non nessuno, mi sembra di ricordare che si scioglieva un pò solo dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino”
“Si ubriacava? Era un ubriacone?” Chiede Matteo che comincia a capire quali possono essere gli effetti del vino sulle persone che diventano più rumorose quando sono alle prese con la bottiglia.
“Beveva volentieri il nostro vino. Forse abbondava un pò, io allora non me ne rendevo conto ma ricordo che alla fine della serata mio padre gli diceva se voleva fermarsi a dormire da noi. Allora lui bofonchiava qualcosa e saliva su per le scale di legno sopra la legnaia, usciva dalla casa per entrare nella stalla. Era l’unico spazio caldo, soprattutto in autunno, anche se la mucca di notte si muoveva e poteva fare tanto rumore da svegliarlo”
“Dormiva con la mucca?”
“C’era una angolo libero, con un mucchio di fieno pulito. Lui si sdraiava e si addormentava subito. Una volta ho accompagnato mio padre e Firmo fin nella stalla, per questo me lo ricordo bene. Quando andavo nella stalla la mattina dopo, lui non c’era più, era già nel bosco. Il bosco era veramente la sua casa”
“Ma secondo te cosa faceva Firmo quando stava a casa?”
“Lui andava a caccia, metteva le trappole e anche le reti per catturare gli uccelli di passaggio. Metteva anche le gabbiette con gli uccelli di richiamo, le appendeva agli alberi più grandi vicino allo spiazzo. Poi quando era stagione andava per funghi, il posto vicino a casa sua anni dopo lo abbiamo chiamato “il sentiero delle burle” usando la parola bresciana che dà il nome all’ovulo ancora non aperto. E’ quel fungo che quando è giovane sembra del tutto un uovo e lì, su quel prato ne abbiamo trovati sempre tanti di ovuli. Adesso mi ricordo che li abbiamo trovati soprattutto  a partire dagli anni 60, quando Firmo se n’era andato. Prima li raccoglieva tutti lui. Penso li vendesse”
“Dov’è andato Firmo?” chiede Matteo.
“Io non l’ho visto partire, ma mi hanno raccontato che un giorno si è fermata una macchina lunga, di quelle scure, dalla forme allungate. E’ scesa una signora che diceva di essere la figlia di Firmo e che veniva dall’America. Dopo qualche tempo Firmo nessuno lo ha vista più. Qualcuno, anni dopo, dice di aver sentito che era andato con il transatlantico Michelangelo fino a New York e da lì a New Orleans.
Qualcuno dice anche che è stato visto con una tromba suonare in una band di  musicisti tutti con la barba, con la barba lunga come la sua. E chi lo ha visto, dice che Firmo, quando suonava, era veramente felice”.
“E la sua casa nel bosco?”
“La casa, l’ultima volta che sono salito nel bosco, e sarà stato vent’anni fa, era ancora là. Diroccata, ridotta quasi ad un cumulo di macerie ma ancora con la botola aperta  che faceva vedere l’ampio spazio della cisterna dell’acqua piovana. Intorno, gli arbusti e gli alberi un po’ alla volta si erano impossessati dello spiazzo erboso e il sentiero non era più così evidente.
Il bosco, senza la presenza e l’opera di Firmo aveva piano piano ripreso il sopravvento e il vento correva e cantava libero tra i rami”  

                             Franco Frigo

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